Vi siete mai chiesti come mai su Facebook non ci siano (o spariscono presto) foto pornografiche e affini?
Ho trovato questo articolo tratto da "Il Fatto Quotidiano On-Line" in cui il giornalista spiega molto bene quali sono le regole e chi sono i moderatori che oscurano talune parti.
Buona lettura
Sesso, quello che Facebook non dice:
Foto o contenuto rimosso da Facebook? La logica c’è, anche se non si vede
Le spiegazioni si trovano tutte, fin nei minimi dettagli in un manualetto di sole 13 pagine – ma soggetto, come ci si potrebbe aspettare, a continuo aggiornamento – che rappresenta in sostanza la bibbia del moderatore del social network.
Per esempio, il seno un po’ nudo sì, ma solo fino a che non si vedono i capezzoli (mamme che allattano siete avvertite). Gli animali si possono anche mostrare in accoppiamento, ove colti non loro habitat naturale, ma per il genere umano non sono ammesse né parti intime, né scene esplicite, né alcuni “fluidi”, come urina, feci, vomito, seme e cerume nelle orecchie. Via libera invece per il muco, ritenuto, chissà perché meno offensivo o diversamente schifoso. E poi, sesso nell’arte sì, nudo nei disegni no.
Sì alla marijuana se è solo un simbolo, ma no a scene o oggetti riferito all’uso esplicito di droghe o alcol e con persone in stato di incoscienza, e poi, entrando in zona politically correct, no a insulti razziali o di genere, sempre a patto che non siano fatti in chiave umoristica. Elemento, quest’ultimo, che getta luce su quanto importante sia in effetti il giudizio del moderatore, e quanto sensibile, ad esempio, alle differenze culturali.
Piuttosto strano, sembrerebbe invece, che a fronte della casistica strettissima su sesso e nudo, Facebook dia il via libera al sangue, e perfino allo splatter di corpi o arti massacrati. Sempre che non appaiano gli organi interni, viene precisato nelle linee guida.
E qui viene il sospetto. Intanto proprio su Facebook, democratico e libero quanto si vuole, eppure regolato da norme che non appaiono né indiscutibili, né trasparenti. Il documento, infatti, è emerso non per volontà del social network, ma perché è stato fatto filtrare già la settimana scorsa dal sito americano Gawker.
Amine Derkaoui, 21enne marocchino veniva pagato un dollaro l’ora da una società esterna che offre servizi a Facebook per controllare che foto e contenuti sul social network fossero conformi alle linee guida. Oltre a definirsi “umiliato” per il trattamento economico, una volta fuori dal posto di lavoro Amine si è almeno preso una soddisfazione. Quella di rivelare un segreto che, per quanto “di pulcinella”, Facebook aveva finora ben custodito.
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